Quando si parla di DJ uno pensa subito a Guetta, Sinclar o Garrix, le superstar, ma quelle rappresentano una percentuale davvero infinitesimale del mondo dei disc-jockey. Poi c’è un discreto sotto bosco popolato da quelli che superstar non sono, ma hanno comunque un giro importante che permette loro di vivere di musica. Ma non sono poi così tanti a potersi permettere di fare i DJ e basta.
Vivere facendo “solo” il DJ era complicato negli anni 90, e lo è (forse pure di più, visto l’aumento della concorrenza) tuttora. Specie per chi orbita prevalentemente nella propria provincia. Ci sono DJ da 80-100 date all’anno che hanno comunque un altro lavoro, impensabile che questo non tocchi anche a chi di date ne fa meno di una a settimana.
Che credo siano la maggioranza, in provincia.
Nei giorni scorsi ho letto una notizia che riportava il fatto che solo il 20% dei dj e producer di musica elettronica di tutto il mondo riesce a vivere del proprio lavoro. Quindi l’80% dei DJ deve avere almeno una seconda attività professionale, per poter sbarcare il proverbiale lunario.
Non sono per niente stupito, anzi, il 20% mi pare persino generosa, come percentuale.