Accontentarsi non significa accettare sempre e comunque un risultato inferiore alla propria aspettativa. Secondo me vuol dire saper valutare a seconda delle situazioni qual’è il massimo ottenibile, essere in grado di capire che non sempre si può ambire al top, anche se raggiungibilissimo in senso assoluto. Ed essere consapevoli che in alcune occasioni si può anche accettare qualcosina meno del proprio desiderio “intero”.
Esempio calcistico : la prima in classifica sfida la penultima. È ovvio che per la capolista farsi andare bene un pari è fuori discussione, ma metti che : dopo un quarto d’ora del primo tempo venga loro espulso il giocatore più forte, dopo altri 5 minuti gli avversari passino in vantaggio, e poi nel resto del match sfiorino il raddoppio a più riprese. Ecco che, se per i primi della classe arriva il pareggio nel recupero, il punticino diventa il più dolce degli epiloghi possibili, e diventa uno di quei casi nei quali il mister si presenta al dopo partita con il classico “per come si era messa è un punto d’oro.”
Ecco, in un caso tipo questo ci si accontenta, e si gode pure, a dirla tutta.
Credo fosse più o meno questo che intendeva chi ha coniato il famoso detto.