Quando da piccoli giocavamo a calcio ai giardini i pali delle porte erano due alberi, e la traversa non c’era. Ma eravamo dotati di un sistema VAR molto elastico : decidevamo se battezzarlo alto o meno a sensazione, a seconda dell’altezza del portiere, dell’umore generale del momento, del risultato. Poi, se le discussioni diventavano troppo lunghe, c’era chi si imponeva maggiormente sugli altri decretando ad un certo punto : “è gol e basta”.
Poi, per rendere le partite più spumeggianti, c’erano diverse regole inventate sul momento.
Tipo il “portiere volante” (quando eravamo ad esempio tre contro tre e lasciare due giocatori fissi sulla linea di porta pareva brutto, allora ognuno poteva andarsene in giro per il campo a suo piacimento).
Oppure, sempre quando eravamo in pochi, decidevamo che nei pressi della porta chiunque poteva prendere la palla con le mani. Questa era meravigliosa, rendeva le partite spettacolari, specie per le discussioni che generava sull’interpretazione.
Per un certo periodo ricordo anche quella che “Se il portiere la tocca non è gol”.
Poi, quando le partite si dilungavano fino a tardo pomeriggio (o tarda serata) a volte venivano decise con la regola del “chi segna il prossimo vince” anche se magari il risultato era 18 a 4. Ovviamente (e furbescamente) proposto dalla squadra che stava sotto.
Come uno che a un esame sbaglia tutte le risposte ma poi riesce a convincere il professore che se azzeccherà quella all’ultima domanda lo dovrà promuovere lo stesso.