Si fermerà la musica (live) ?

Ieri ho letto un articolo che diceva che il 27% dei lavoratori del mondo dello spettacolo (1 su 4, un enormità) del settore della musica live ha dovuto lasciare (probabilmente per sempre) il lavoro in quell’ambito per cambiare attività.
Nell’articolo si dice che un grosso problema è che molte di queste figure non sono inquadrate dal punto di vista lavorativo e quindi sono senza tutela alcuna. Mentre invece dovrebbero esssere tutelati già solo per la loro esperienza e le loro capacità.
Quel “per sempre” è solo una previsione, per carità, ma piuttosto allarmante, direi.
Posso solo immaginare la frustrazione di vedersi portare via (senza colpa alcuna, oltretutto) il sogno di essere professionisti nell’ambito della musica dal vivo, dopo aver lottato per anni per conquistarsi una posizione in un settore dove sicuramente per arrivare a ritagliarsi il proprio posticino c’è da sgomitare parecchio.
Spero che la maggior parte di questi lavoratori riesca a tener duro, superando indenne questo momentaccio (magari adattandosi temporaneamente ad altri lavori), e poi torni a fare la sua parte nel grande spettacolo dei live, che oltre che per loro è importante per tantissimi di noi.
Perché sennò sarà dura far ripartire il carrozzone, una volta finita l’emergenza.
Nella musica è cambiato tanto negli ultimi anni. Il modo di produrla, di ascoltarla, di scambiarla, di mostrarla. Oggi veramente si può ascoltare qualsiasi cosa in qualsiasi momento. Tutto on demand. Tutto senza sforzo.
Ecco, i concerti live erano rimasti una delle poche cose che ridavano a chi ama la musica la sensazione di doversi sbattere per ascoltare qualcosa di unico. Perché al concerto devi essere li, non ci sono altre soluzioni. E per essere li devi muoverti, muoverti, muoverti.
Perché i concerti non sono (e non saranno mai, mi auguro) on demand, e in questo mondo di streaming forsennato questa è la loro più grande forza.
Per favore, non toglieteceli.