Sono un DJ. Il mio scopo è far ballare e divertire chi ho davanti alle mie serate. Ho sempre messo commerciale (ma preferisco definirla “pop dance”) in primis perché mi piace (con le dovute eccezioni, ovvio) e perché mettere pezzi conosciuti mi permette di poter giocare anche parecchio col microfono. Quando la pista è calda e mi accorgo di “averli presi” mi permetto anche il lusso di buttare qualche pezzo nuovissimo o semi-sconosciuto, ma in generale i miei set sono molto “popolari” nel senso che cerco di spaziare tra vari generi e varie annate seguendo l’onda della serata ma puntando quasi sempre su pezzi dal groove riconoscibile dalla massa. So benissimo di non essere uno di quei DJ che sperimentano, e probabilmente (anzi sicuramente) non rischio molto.
Credo che un DJ “pop”, come mi definirei io, venga chiamato a suonare (almeno a me succede così) per far ballare e divertire un pubblico eterogeneo, che non se la mena più di tanto con tutto ciò che concerne la suddivisione tra techno o tribal o minimal … Di certo io non farò mai un Set in un Club dove se passi un pezzo che non sia un promo la pista se ne accorge (ammesso che esistano posti così…). O in uno dove se passi qualcosa che non appartenga al genere prestabilito per la serata la pista reagisce male.
Certo, anche a me a volte piacerebbe osare un po’ di più (lo faccio in certe situazioni, quando la serata lo permette). Ma poi mi ricordo che mi pagherà a fine serata lo farà perché avrò fatto divertire con il mio “pop sound” la gente che è accorsa alla festa da lui organizzata. E allora è giusto che io faccia ciò che si aspetta da me chi mi ha ingaggiato. D’altronde questo mio modo di essere DJ me lo sono creato negli anni. E chi mi chiama a suonare si aspetta questo. Ho fatto anche io la mia gavetta, esattamente come chi si è smazzato anni di sacrifici per “farsi un nome” nel circuito minimal o electro della propria provincia. E che ora giustamente viene premiato venendo chiamato a lavorare dove serve un DJ come lui. Insomma non ci vedo grosse differenze. Certo, chi fa un genere specifico sicuramente ha più difficoltà per crearsi la propria originale playlist. Però a una serata trance sono tutti li per la trance, mentre a una serata di commerciale trovare il giusto mix tra i vari generi e le varie annate a volte è più complesso di quanto sembri. Credo che essere un buon DJ non sia facile, qualsiasi genere si metta.
Io rispetto tutti i colleghi che lavorano con impegno e passione. Anche quando mettono musica che a me non piace. E sinceramente non capisco perché molti DJ techno o minimal o house guardino a noi DJ “commerciali” come se fossimo degli appestati.
Diceva Claudio Coccoluto : Il benessere della gente mentre tu metti i dischi. Questa è la missione.
E aggiungo io : che tu metta commerciale o no.