Mi ricordo al catechismo il giorno che il parroco ci parlò della parabola dei talenti. E’ uno degli insegnamenti dell’educazione cristiana che mi è rimasto più impresso in assoluto. Scoprire i propri talenti e non sprecarli. In fondo la vita è questo. Sono certo, assolutamente certo, che tutti hanno dei talenti. Se si escludono i più sfortunati (quelli con limiti fisici o mentali), tutti gli altri hanno qualche punto forte. Uno o anche più di uno. Basta cercarli, e trovarli. E capire come ci possono essere utili nel corso delle nostre esistenze. Utili per trovare un lavoro che ci piace, per stare bene con gli amici, per trovare una compagna, per essere una bella persona.
La parabola dei talenti al cinema è stata rappresentata in maniera egregia da Dead Poets Society (L’attimo fuggente), lo straordinario film di Peter Weir con Robin Williams nei panni di un professore di liceo che sprona i suoi allievi a scoprire quale può essere il loro ruolo nella società e a darsi da fare per raggiungere livelli di eccellenza nelle attività nelle quali si sentono più portati. Carpe diem, cogli l’attimo, rendi straordinaria la tua esistenza.
Certo, si sa che poi la fortuna ha un ruolo decisivo nella vita di tutti noi. Questo è innegabile. Eh si, non sempre basta dare il massimo per portare a casa i risultati. Ma scavare in se stessi per arrivare a capire dove e come si può “sfondare” è ciò che da senso alle nostre esistenze.
Impegnarsi per non sprecare neanche uno dei propri talenti è il minimo che si possa fare per sentirsi davvero vivi. Di questo sono sempre stato convinto.
Io l’ho fatto ? Non l’ho fatto? Lo sto facendo ? Credo di si. Di sicuro non li ho messi nella buca. Anche perché, visti i tempi che corrono, me li avrebbero probabilmente fregati.