Quando finivano le vacanze estive naturalmente c’era sempre un velo di tristezza per il pensiero di dover tornare tra i banchi ogni giorno. Poi il dispiacere svaniva in breve tempo, non appena la routine scolastica con tutti i suoi impegni ed i suoi riti prendeva il sopravvento.
Per me ricominciare dopo la lunga pausa estiva era un trauma quasi solo per la sveglia che tornava a suonare in un orario a me non particolarmente gradito (per usare un eufemismo).
Ma per il resto mi è sempre piaciuta come giornata, anche perché di norma sia il primo che quelli immediatamente successivi non è che fossero poi così impegnativi, tra i racconti delle vacanze, gli orari ancora da definire, qualche ora buca qua e là. Si aveva tutto il tempo di riadattarsi gradualmente.
Poi, beh, sarà che io a scuola non ho mai avuto problemi di rendimento (non ero un “secchione” da prima fascia ma stavo a ridosso delle teste di serie) e che in classe mi sono sempre anche molto divertito, per cui la scuola e il suo primo giorno non mi suscitano particolari ricordi funesti.
L’unico inizio davvero tragico fu quello della prima elementare, quando scorrendo i nomi sui tabelloni scoprii che per i cinque anni successivi non sarei stato in classe col mio migliore amico dell’asilo. La presi malissimo e mi misi a piangere.
Evidentemente le maestre dell’asilo non mi avevano preparato abbastanza per poter sopportare con sufficiente distacco emotivo le grandi ed inevitabili ingiustizie della vita.