Non sono un fan dei Måneskin, e non ho seguito praticamente nulla del loro percorso.
Mi è piaciuta “Morirò da Re”, e anche “Zitti e buoni” credo abbia un gran potenziale pop.
Li ho ascoltati dal vivo al Party Like a Deejay del 2019 (quello in zona fiera Rho - Milano), e mi avevano molto colpito perché avevano veramente un tiro pazzesco. Quella sera non fu un vero concerto, fu un breve set, ma restai piacevolmente stupito dalla loro performance.
Hanno vinto Sanremo, hanno trionfato all’Eurovision e soprattutto pochi giorni fa hanno aperto un concerto degli Stones. Di questi tempi sono sulla bocca di tutti, il che è assolutamente comprensibile. Possono piacere o meno, ma è fuori discussione che questo sia decisamente il loro momento. Non arriverei a paragonarli ai Beatles, mi pare esagerato, perché sono gli inizi e hanno ancora moltissimo da dimostrare, ma è evidente che oggi i Måneskin si siano ritagliati uno spazio ben definito nel panorama nazionale. Attualmente sono la Band più “on fire”, in Italia.
Eppure intorno a loro si ammucchiano critiche più o meno fondate di ogni genere da parte di “esperti” musicali, oltre alla solita montagna di melma verbale degli incarogniti haters.
Per quanto riguarda la critica musicale, ci sta che ci sia chi non li reputa così bravi, ma secondo me molti li vedono come il fumo negli occhi perché avrebbero voluto accorgersi prima del loro potenziale.
E come spesso accade, credo che molti di quelli che lanciano quintali di sostanza organica marrone sul gruppo romano lo facciano perché vorrebbero tanto essere al posto loro.