In questi giorni impazza un dibattito senza fine : sono i giovani che non hanno voglia di lavorare o i datori di lavoro che non intendono pagarli adeguatamente ?
La questione è spinosa. Io ad esempio ho sempre sostenuto che (perlomeno dalla mie parti, nel cuneese) se uno ha voglia di guadagnarsi la famigerata pagnotta, il lavoro lo trova. Poi certo, a volte bisogna accontentarsi (ma non di 3 euro l’ora, quello è sfruttamento), e piuttosto di restare con le mani in mano adattarsi a qualcosa che non è la propria massima aspirazione. Capisco che non sia facile, ma specie nella prima fase della vita lavorativa credo che ci siano passati più o meno tutti.
Capisco anche chi magari ha un titolo di studio importante e giustamente vorrebbe un’occupazione consona (sia l’impiego che lo stipendio), ma in attesa di ciò “sporcarsi le mani” oltre ad essere un segno chiaro di voglia di fare può essere un buon modo per iniziare a confrontarsi con un lavoro vero e proprio. E poi imparare cose nuove non fa mai male, garantito.
Poi, beh, per quanto riguarda bar, ristoranti, supermercati e affini c’è il discorso del lavoro nei festivi che per molti può risultare indigesto. Capibile anche questo, specie per i giovanissimi, però anche qui un po’ di spirito di adattamento occorrerebbe tirarlo fuori, se si vuole godere di un minimo di autonomia finanziaria grazie ad un’occupazione retribuita.
Sulla questione in breve si sono formati i due schieramenti, da una parte chi dice che i giovani sono tutti scansafatiche, dall’altra chi dice che i datori di lavoro sono tutti schiavisti.
Chi ha ragione ? Probabilmente nessuno dei due estremi, insomma, come spesso accade, credo che “la verità” sia situata nel mezzo.
Nel punto nel quale sarebbe il caso che le due parti si incontrassero per discuterne.